Il Centro Studi sull'Etnodramma mette in scena due spettacoli in occasione del 30° Anniversario della sua fondazione.
Ore 18:00 Manfred, di Lord Byron
Ore 20:45 Transiti - da Shakespeare a Garcia Lorca
MANFRED dal Manfred di George G. Byron. Sinfonia mistica per voce, piano e violino. Con Fabio Gemo, voce narrante; Andrea Bassato, violino e piano. I deato e diretto da Fabio Gemo. Musiche di scena di Andrea Bassato. Voce registrata di Elena Agugiaro.
In un castello isolato sulla cima delle Alpi svizzere, il nobile Manfred vive lacerato dal senso di colpa per il sentimento amoroso, travalicante il limite fraterno, verso la sorella Astarte e dal rimorso per non aver saputo impedire la morte di lei. Dotato di poteri arcani ed esoterici, invoca dapprima gli spiriti dei defunti, poi la Strega delle Alpi e infine l’Abate di San Maurizio, nella speranza di ottenere pace al suo tormento. Ma tutto risulta vano: andrà incontro alla morte, consegnandosi ad essa come mero fenomeno naturale, rifiutando le lusinghe dei poteri occulti e di quelli della redenzione, lontano sia dall’inferno che dal paradiso. In occasione del bicentenario della morte di Lord George Gordon Byron, Fabio Gemo e Andrea Bassato rivisitano un suo closet drama.
TRANSITI da Shakespeare a Garcia Lorca ideato e diretto da Fabio Gemo, con Elena Agugiaro, Emanuele Boscolo, Fabio Capostagno, Marco Farinella, Vanna Lionello, Anna Lorenzi, Davide Morato Transiti. Come lo stesso titolo evidenzia, è un percorso nato con l’intento di attraversare, assieme allo spettatore, i vari codici espressivi del vasto mondo teatrale. Di non facile esecuzione per il continuo scarto nelle griglie interpretative che di volta in volta vengono sospese e annullate da quelle che seguono, la situazione si complica ulteriormente quando ad un movimento di tipo cognitivo si aggiunge un capovolgimento dello stesso spazio scenico. L’ossatura di tutto il lavoro è costruita soprattutto sull’atto unico “Commedia senza titolo” di Garcia Lorca. L’opera si rivela un concentrato dell’intero pensiero lorchiano dell’ultima fase, punto di approdo d’una carriera ormai lunga – malgrado la giovane età dell’autore – e coerente, ma insieme punto di fuga verso una nuova poetica, dettata dagli eventi e da un intrinseco bisogno di assumere, proprio di fronte ad essi, una posizione etica, non di rado quasi moralistica. Il poeta distingue infatti nettamente fra le opere rappresentabili, alle quali è legata la sua fama, e quelle sperimentali, dove si fanno strada con tutt’altra evidenza e purezza le ossessioni più brucianti e inconfessabili. Egli giudica questi testi impubblicabili: sia per quel terrore della pubblicazione che lo accompagnerà tutta la vita, sia perché le reazioni meravigliate e scandalizzate dei piccoli gruppi di amici cui li legge lo inducono ad un prudente accantonamento. Nel difficile equilibrio che è costretto a istituire fra mondanità e ideologia, fra le sue stesse prerogative di autore di successo e la coscienza del male storico, egli afferma decisamente la necessità di esercitare un’influenza sugli spettatori: il teatro deve tornare ad imporsi al proprio pubblico, annullando progressivamente la distanza fra questo e l’azione rappresentata.
Ingresso libero.